Vino al Calice in Enoteca, Rivoluzione per la Cultura Enologica

Vino al Calice in enoteca… vi racconto perché ho deciso di puntare su una carta dei vini a calice ampia e di valore.

Non voglio sembrarvi presuntuoso, ma credo che in Italia pochi possano offrirvi una così grande scelta di etichette da consumare al bicchiere.

Quando ho aperto l’Enoteca de “Il Caminetto”, avevo un piccolo sogno: riuscire a restituire un po’ di quelle emozioni che io stesso provavo quando, dopo una giornata di lavoro, sedevo al tavolo del ristorante semi-deserto.

Lì, nel silenzio, bevevo un buon bicchiere di vino: era sempre una piccola emozione.

I profumi, il sapore, i colori di quella bevanda così comune, ma così complessa, mi sorprendevano ogni volta.

E forse è lì, in quei momenti, che è nata davvero la mia passione.

vino-al-calice-biagio-fontana-terracinaL’enoteca ha sempre avuto questo scopo: riuscire a condividere le mie emozioni e la mia passione. Forse non c’è gioia più bella nel mio lavoro che vedere dei clienti ad un tavolo felici di bere vino di cui non ne conoscevano neanche l’esistenza.

Ecco cosa mi spinge a ricercare sempre vini nuovi, riempendo la cantina di etichette rare e introvabili: la gioia nei volti dei clienti. Se ho imparato qualcosa in tanti anni, è che la condivisione del piacere è la più grande soddisfazione.

Nella mia enoteca ho cercato quindi di creare l’ambiente più adatto per riproporre queste emozioni. Dal legno, alle mura in pietra viva, tutto è pensato per affiancare l’emozione, semplice e profonda assieme, di degustare un buon vino in compagnia.

I vini tutt’intorno, poi, sono il palcoscenico perfetto per queste emozioni.

Sono consapevole dei “falsi miti” che girano attorno al vino. Si pensa sempre che sia un prodotto di lusso, che in un enoteca ci si entri solo se si vuole spendere un patrimonio.

Non starò qua a dimostrare il contrario: un buon vino costa. Ma costa perché dietro c’è un lavoro impressionante, fatto di cultura e sudore, di mente e braccio; un lavoro che parte dalla vigna e finisce sulla tavola.

Se tutto questo è vero, altrettanto vero è che non dobbiamo “accontentarci” nel bere il vino: è un prodotto nostro, che ha segnato la nostra cultura nostra storia, ed è invidiato e copiato da tutto il mondo. Ecco perché il mio obiettivo primario è sempre stato quello di allargare il più possibile il pubblico del mio locale: non ho mai voluto un posto esclusivo, per pochi eletti, ma al contrario un’ enoteca, dove bere vini ricercati ad un costo accettabile.

La mia idea è stata subito quella di offrire al cliente vini al bicchiere, senza l’ingombro di dover ordinare una bottiglia intera. Considero questa scelta un vero e proprio punto di forza del mio locale. Il cliente può così degustare anche rarità o ricercatezze, con una leggerezza in più.

Il vino al calice è forse uno dei migliori modi per avvicinare il cliente a questo splendido mondo dell’enologia, e creare una cultura del vino all’altezza, e sopratutto generalizzata.

Credo anche che, oltre ad allargare il mondo degli appassionati e far bene alla cultura enologica, offrire la possibilità di consumare vino al calice, possa avere vantaggi per ogni tipologie di cliente:

  • E’ più smart, e si addice ai tempi veloci di oggi.
  • Può trasformare un semplice aperitivo, in un’esperienza più profonda.
  • Riduce sensibilmente i costi per il cliente.
  • Permette allo stesso di gustare tanti vini diversi, e non accontentarsi di una sola bottiglia.

In conclusione, vi aspetto in enoteca, magari per una degustazione verticale 😉

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chef nazareno fontana

Le Origini

Fin dai primi anni della mia carriera culinaria, ho sempre avuto l’ambizione di unire in cucina le caratteristiche distintive della mia terra natia: il mare ricco di pesci variegati e le colline che producono frutti squisiti.

Sono stato fortunato a trovare ispirazione costante partecipando alle aste del pesce e visitando i mercati di verdure. La mia creatività è stata alimentata dalla sfida di combinare elementi apparentemente distanti, come nel caso del calamaro farcito.

Da giovane, ero affascinato dai racconti dei pescatori mentre riparavano con amore e passione le loro reti. Nonostante alcuni di quei racconti sembrassero surreali, evocavano vividamente la vita e le avventure di un mestiere che oggi è cambiato in modo inevitabile.

Questi pescatori erano veri e propri personaggi, che vivevano e respiravano la loro professione quasi 24 ore al giorno, anche nelle notti tempestose. I loro racconti erano dettagliati e intensi, poiché il dialetto locale offre una ricchezza linguistica che permette di essere estremamente precisi nei dettagli.

Le loro storie riguardavano la vita in mare e spesso finivano direttamente in padella. Per molti anni, il pesce è stato un elemento nutritivo fondamentale per intere famiglie e generazioni. Mentre la carne rappresentava un lusso irraggiungibile a causa dei costi elevati, il pesce era il sostentamento quotidiano, l’alternativa. Nelle umili baracche sulla spiaggia, si cercava di elaborare il pesce in modi che lo facessero assomigliare, anche solo nel gusto, alla carne tanto desiderata ma irraggiungibile.

C’erano numerosi tentativi, ma pochi di essi riuscivano davvero bene. Se confrontiamo questi sforzi con la cucina attuale, dove questi due elementi convivono in molte combinazioni, non possiamo fare a meno di sorridere. Ma tant’è!

Da quei pomeriggi trascorsi al porto, ascoltando episodi grotteschi e ricette astratte, è nato il mio calamaro farcito. Questo piatto rappresenta una fusione di tradizione e fantasia, creando un sapore che non esisteva prima ma che ormai fa parte della nostra cucina da tempo.

La genesi del piatto è stata rapida. Come molte altre notti, mentre cercavo di addormentarmi, vagavo nella mia mente, cercando di richiamare ricordi legati alla mia vita dentro e fuori dalla cucina. Ripensavo ai momenti intensi trascorsi nei mercati vicino al mio ristorante, agli aneddoti dei pescatori e degli agricoltori, o semplicemente rievocavo le giornate precedenti e gli ingredienti che avevo acquistato o raccolto.

Quella notte, avevo comprato dei bellissimi calamari all’asta del pesce. Mi ero stancato di proporli semplicemente con una salsa, anche se erano buoni così. Pochi giorni prima, avevo raccolto l’uva moscato, una varietà particolare che si coltiva nelle campagne di Terracina, insieme a fasci di scarola dall’orto di famiglia.

Al mio banco di lavoro, in quel mattino presto, ho sistemato tutti gli ingredienti che avevo scelto durante la notte. Non contento, ho aggiunto olive di Gaeta, un altro prodotto locale di cui andiamo fieri, e pomodori antichi.

Fin da subito, ho capito che stavo proponendo un piatto che non faceva parte della tradizione culinaria locale, ma che attingeva da diversi aspetti della cultura gastronomica del territorio. Il risultato è stato sorprendente e, posso dirlo qui per la prima volta, persino al di là delle mie aspettative. Il sapore dei calamari e degli ingredienti del ripieno si combinava in modo distintivo, creando un gusto nuovo che raccontava anche storie del passato.

La mia ricetta può sembrare semplice, ma è sicuramente unica e rappresenta un elemento imprescindibile del mio vivace menù da anni.